Non c’è un titolo…è la storia di chi un giorno si sente padrone del destino e poi un soffio lo trasforma in mille granelli, dispersi nel vento. E solo con la potenza della sua volontà riuscirà a ritrovare la sua identità e ritornare forte. È la storia di chi finge di essere sicuro. E deve cercare dentro di sé l’energia per dare al suo volto un aspetto immutato. È la storia di chi scrive, con colori della sua anima, le sue paure. Ma sa che solo il suo cuore può comprendere il significato di quei caratteri. Solo il suo cuore conosce la complessità delle sue esperienze, delle sue emozioni, delle sue nostalgie e della sua fragilità. E solo lui può dare le risposte ai suoi dubbi e la comprensione nei momenti di abbattimento. È storia di chi ha capito che la solitudine, alcune volte, è il presupposto per non essere solo.

Sentiva dentro di se che doveva andare avanti. Che contro l’evidenza e i consigli non era il momento di cambiare strada. Eppure oggi la tristezza la delusione pervadevano il suo cuore strada. Sapeva che l’abbandono del percorso l’avrebbe alleggerita ma al contempo avrebbe lasciato nel suo cuore il rimpianto dell’abbandono della battaglia. Rimanere avrebbe invece significato dare il suo cuore in pasto alla tristezza, abbandono, delusione, fallimento.

Tutto sembrava rotto. Più che rotto, increpato. Oggi era uno di quei giorni in cui l’opacità della nebbia, rendeva velato il suo cuore. Davanti a lui tutto appariva immobile. Anche quella foto sembrava avesse perso la sostanza che l’aveva sempre resa viva ai suoi occhi. Eppure era sua preferita. Aveva scelto il bianco e nero per dargli, come un carattere di storicità, mentre al timone aveva finalmente vinto quella gara. Oggi, in quella foto, anche il mare sembrava aver assunto una dimensione statica. Non riusciva a comprendere cosa bloccava il suo cuore. Perché alcuni giorni, fermandosi a riflettere, gli sembrava che la linea della sua vita non proseguisse nella stessa direzione della sua esistenza. Come se non avesse consapevolezza delle sue azioni che, giorno dopo giorno, proseguivano in modo automatico. E quando si fermava ad ascoltare il suo battito, sentiva molti di quei momenti svanire in un vortice di inutilità. I più odiosi gli sembravano i ripetibili momenti che scansionavano la sua vita, la sua quotidianità, come rette parallele che rendevano invariata l’esistenza. Poi vi erano i momenti di rabbia. I momenti in cui le sue aspettative erano state deluse. I momenti in cui avrebbe voluto trattenere le lacrime I momenti in cui aveva visto allontanarsi chi amava. Forse avrebbe potuto cancellarli tutti, nasconderli dalla sua memoria. Certo che sì! Non aveva senso farli esistere nell’universo della sua vita. E mentre ricordava ogni singolo episodio che aveva procurato disagio al suo cuore, tentava di disintegrarlo come un oggetto vecchio consumato ridotto in polvere da un soffio di vento. Ma proprio nel momento in cui gli attimi oscuri della sua vita stavano svanendo si accorse di amarli. Si accorse che erano indissolubilmente legati ai momenti dolci della sua vita. Che avevano il merito di aver reso più splendidi alcuni attimi. Sapeva che non avrebbe sentito tanto intensamente il calore di lei se non avesse provato il freddo dell’abbandono, che non avrebbe imparato leggere lo sguardo disperso di alcuni uomini se un giorno non lo fosse stato anche lui che non avrebbe compreso il valore dell’amicizia se non avesse provato il tradimento. Insomma improvvisamente gli sembrava che erano stati proprio quei momenti che voleva cancellare a rendere speciali i momenti della sua esistenza. E non solo. Ogni attimo era irrimediabilmente connesso all’altro e intersecato ai suoi sentimenti aveva contribuito a creare la sua esistenza. Cancellarne anche solo uno avrebbe significato cancellare parte della sua vita. E così si rese conto che niente era inutile. Anche la sua esistenza che, indissolubilmente, era legata a quella di altri.